La Sindrome di Capgras, nota anche come “illusione del sosia”, è un raro disturbo psichiatrico caratterizzato dalla convinzione che una persona significativa nella vita del paziente sia stata sostituita da un impostore identico. Questa convinzione può riguardare un coniuge, un genitore, un amico o persino oggetti e animali. Nonostante la somiglianza fisica, il paziente percepisce un’alterazione profonda che lo porta a negare l’identità reale dell’altra persona.
Questa sindrome è più frequentemente associata a condizioni neurologiche o psichiatriche, come schizofrenia, demenza o traumi cerebrali, e rappresenta un’affascinante finestra sul funzionamento del cervello e della percezione.
Descrizione approfondita
La Sindrome di Capgras viene spesso descritta come un “disturbo del riconoscimento familiare”. Chi ne soffre è in grado di riconoscere i tratti fisici e distintivi di una persona, ma non riesce a stabilire un legame emotivo con essa. Questo porta alla convinzione che la persona sia un impostore o un sosia.
Le spiegazioni neuropsicologiche suggeriscono che la sindrome derivi da un’interruzione delle connessioni tra le aree cerebrali responsabili del riconoscimento visivo e quelle deputate alla risposta emotiva. Di conseguenza, mentre il paziente riconosce il volto, manca la sensazione emotiva associata alla persona.
Psicologicamente, questa sindrome è stata collegata a stati di paranoia o delirio, nei quali il paziente proietta le sue paure o insicurezze su coloro che lo circondano, trasformandoli in “altri”. La convinzione del paziente è incrollabile e persiste anche di fronte a prove contrarie.
Manifestazioni pratiche
Nel quotidiano, la Sindrome di Capgras può presentarsi con comportamenti e atteggiamenti disorientanti, sia per il paziente che per chi gli sta intorno. Alcuni esempi includono:
- Rifiuto: rifiutare di interagire con una persona cara, accusandola di essere un impostore.
- Comportamenti di difesa: fuga o aggressività, causati dalla percezione dell’altro come una minaccia.
- Deliri secondari: credenze che la persona sostituita sia stata rapita o che l’impostore abbia intenzioni malvagie.
- Riconoscimento normale in altri contesti: ad esempio, il paziente potrebbe riconoscere una persona in una fotografia, ma non nella realtà.
Fattori di rischio e cause
La Sindrome di Capgras può derivare da una combinazione di fattori neurologici, psichiatrici e ambientali. Tra le principali cause:
- Traumi cerebrali: lesioni in aree cerebrali legate al riconoscimento visivo (come il lobo temporale) o alla risposta emotiva (come l’amigdala).
- Malattie neurodegenerative: condizioni come il morbo di Alzheimer o altre forme di demenza.
- Disturbi psichiatrici: schizofrenia, in particolare nelle forme paranoidi.
- Eventi traumatici: lutti o situazioni di intenso stress emotivo, che possono favorire la comparsa di questa sindrome in individui vulnerabili.
L’impatto del disturbo
La Sindrome di Capgras può avere effetti devastanti sulle relazioni e sulla vita quotidiana del paziente. I rapporti familiari sono spesso compromessi dalla convinzione delirante che porta il paziente a trattare le persone care come estranei o minacce. Questo isolamento può aggravare il senso di solitudine e confusione del paziente, aumentando il rischio di sviluppare altri disturbi, come depressione o ansia.
Per i familiari e gli amici, affrontare il comportamento del paziente può essere estremamente doloroso e frustrante. Spesso è necessario un supporto psicologico anche per loro, per gestire lo stress e comprendere meglio il disturbo.
Come affrontarlo
Il trattamento della Sindrome di Capgras dipende dalle cause sottostanti e richiede un approccio multidisciplinare. Le strategie principali includono:
- Farmacoterapia: l’uso di antipsicotici o stabilizzatori dell’umore per gestire i deliri, specialmente nei casi associati a schizofrenia.
- Riabilitazione cognitiva: tecniche volte a migliorare le connessioni tra riconoscimento visivo e risposta emotiva.
- Terapia psicologica: interventi per aiutare il paziente a sviluppare strategie di coping e ridurre i sintomi di paranoia o ansia.
- Supporto familiare: educare i familiari sul disturbo per ridurre i conflitti e creare un ambiente di supporto.
Esempio concreto
Giovanna, 58 anni, ha iniziato a credere che il marito fosse stato sostituito da un sosia poco dopo essere stata diagnosticata con demenza. Ogni volta che lui cercava di parlarle, lei lo accusava di essere un impostore e si rifiutava di dormire nella stessa stanza. Dopo essere stata portata da uno specialista, Giovanna ha iniziato una combinazione di trattamenti farmacologici e terapie cognitive. Anche se i sintomi persistono in parte, la sua reazione emotiva è migliorata, e ora accetta l’aiuto del marito in alcune attività quotidiane.
Letture consigliate
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- Ruggeri M., Meneghelli A., Le prime fasi della psicosi – Focalizzato sulle fasi iniziali delle psicosi e l’importanza dell’intervento precoce – LINK
- Di Matteo D., Azzoni A., Psicosi, libertà e pensiero – Esplora il rapporto tra psicosi, pensiero libero e autonomia personale – LINK